mercoledì 7 settembre 2011

IL FIGLIO RITROVATO



Tutti voi conoscerete la parabola chiamata del figliol prodigo, il figlio spendaccione, il figlio di cui l’evangelista Luca racconta nel capitolo 15 a partire dal versetto 11.

Venne il tempo che il figlio minore volle dal padre la sua parte di patrimonio, partì presto per un paese lontano e spese tutti i beni avuti dal padre.

Soltanto dopo aver patito la carestia ed aver sopportato un lavoro umiliante a pascolare maiali il giovane tornò in sé stesso e decise di ritornare dal padre, pensando di offrirsi a lui come garzone e servo.  

La storia ci riserva una sorpresa: il padre invece di rimproverarlo lo accoglie abbracciandolo, preparando una grande festa ed un banchetto speciale.

Il fratello maggiore avrà da protestare davanti a tale trattamento, si sentirà poco considerato e rifiuterà il contatto con il fratello ritrovato.



Che cosa si nasconde dietro questa parabola che viene generalmente presentata come testimone della generosità di Dio Misericordioso?

Quello che voglio ora condividere con voi è l’aspetto dell’evoluzione umana che viene riassunta dalla figura del figlio minore. 

Evoluzione umana che si compone di due parti, di due momenti, uno precedente all’altro, come un viaggio di andata senza il quale il viaggio di ritorno non sarebbe possibile. 

La prima parte dell’evoluzione degli esseri umani è il momento quando il figlio minore decide di fare l’esperienza fuori dalla famiglia, fuori dal gruppo, una ricerca di autonomia e di individuazione personale, un confronto forte con il mondo esterno: dell’io contro tutti gli altri, dell’io prendo dagli altri per godermi io le cose, dell’io che è la cosa importante e che si deve affermare, dell’io ingordo ed egoista. 

Si, durante la prima parte dell’evoluzione il nostro IO vuole tutto, vuole il tesoro da spendere, vuole accentrare e vuole prendere. E’ il bambino che conosce il prendere; e l’evoluzione armoniosa delle cose questo vuole, tutti dobbiamo vivere questo momento di  egoismo, il momento che ci fa dire “tutti gli altri esseri per me”.

Ma questa prima parte deve vedere naturalmente una sua conclusione, perché anche la seconda parte attende di entrare nel gioco universale. La seconda parte giunge quando l’essere umano non è più lasciato solo nell’accumulo e nella dissipazione, dell’uno contro l’altro, del tutti contro tutti. Nella seconda parte si arriverà alla consapevolezza  che la condotta egoistica non è “conveniente”, non produce il risultato che ci si dovrebbe attendere. L’egoismo verrà gradualmente riconosciuto non “appagante”, non riuscirà a pagare il costo del suo esercizio. 

Il motivo principale che spingerà il figliol prodigo a ritornare dal padre è l’essersi accorto che situazione peggiore di quella come si era ridotto non era possibile, la molla che lo spingerà al ritorno è quella di un nuovo egoismo: se per trovare la pienezza del proprio essere doveva andare oltre il suo ingordo egoismo e recuperare la gratitudine per quanto ricevuto allora è giunta l’ora di saldare il debito nei confronti dell’evoluzione.

Qual’è il debito nei confronti dell’evoluzione? Il debito è il nostro egoismo, la prima metà dell’evoluzione a questo serviva, a diventare egoisti, a diventare esseri autonomi, come il figliol prodigo che si stacca dal padre.

Il pareggio dell’egoismo è l’amore, il volere rendere indietro e restituire tutte le forze che abbiamo succhiato dalle forze umane, facendole rifluire dentro l’umanità. Nessun senso di colpa, soltanto debiti da saldare indietro e gratitudine da riversare su tutti gli altri esseri umani.

Diventare egoisti non è una colpa, è soltanto un grande debito da restituire. Il pareggio dell’egoismo è l’amore.

Se proprio volessimo parlare di “colpa” essa comincerebbe ove si omettesse di ripagare con l’amore ciò che abbiamo ricevuto: potendo ripagare il debito si ometterebbe di ripagarlo. 

Questo poi sarebbe un debito che ognuno di noi avrebbe con sé stesso, perché omettendo il pagamento e la restituzione del “tolto” si impedirebbe a sé stessi di camminare, di procedere. Quindi, in ultima analisi, ogni essere umano avrebbe debiti soltanto nei propri confronti, ognuno di noi può essere artefice soltanto del proprio essere. La responsabilità è nei confronti del proprio essere. L’amore è necessario per la mia crescita, io sono responsabile per il divenire del mio essere. 

La prima parte dell’evoluzione fino all’evento del Cristo si è svolta in chiave “luciferica”, di affrancamento e di egoizzazione, staccandoci dagli altri, divenendo autonomi e distinti. La seconda fase dell’evoluzione è la fase dell’amore. All’amore di sé si aggiunge l’amore per il prossimo. 

Ama il prossimo tuo come te stesso, non si dice di amare il prossimo senza amarsi prima. Nella prima parte dell’evoluzione si è imparato ad amare sé stessi, ora si dice di amare anche gli altri oltre a sé aggiungendo la comunione.

Prima il Cristo ha lasciato spazio all’egoismo. Ma era una evoluzione parziale, solo la prima parte. Ora si aggiunge l’evoluzione dell’amore, l’evoluzione del tutto.

All’amore di sé si aggiunge l’amore  verso l’altro, in un giusto equilibrio tra l’amore di sé e l’amore dell’altro.

La frase “Ama il prossimo tuo come te stesso” potrà divenire, in futuro, quel “Ama il prossimo tuo in quanto tu”, frase rivelatrice del fatto che lui (l’altro) sei tu, siamo un essere solo. 

O ami entrambi o non ami nessuno dei due.

Marcolino

4 commenti:

  1. Grazie Marcolino, molti spunti interessanti nella lettura di questo brano del Vangelo che tu proponi. Cio’ che mi piace di piu’ e che trovo piu’ vicino a me e' la tua conclusione: “La frase “Ama il prossimo tuo come te stesso” potrà divenire, in futuro, quel “Ama il prossimo tuo in quanto tu”, frase rivelatrice del fatto che lui (l’altro) sei tu, siamo un essere solo.”
    E son gia’ contenta di questo.

    Riflettendo poi su quanto scrivi mi sono interrogata molto anche sul resto: per rispondermi infine che probabilmente partiamo da presupposti diversi!, io ad esempio non credo di poter condividere l’assunto secondo cui:
    L’ “Evoluzione umana che si compone di due parti, di due momenti, uno precedente all’altro, come un viaggio di andata senza il quale il viaggio di ritorno non sarebbe possibile.”

    O la domanda:
    “Qual’è il debito nei confronti dell’evoluzione?”

    Tutto molto suggestivo ripeto, eppure, trattandosi di vangelo io preferisco ricondurlo ad una visione piu’ semplice, io, partendo da una visione cristiana piu’ semplice, acccessibile a tutti, preferisco ripensare alla lettura che di questa parabola ci puo’ venire da una interpretazione piu ortodossa!

    Un padre, due figli, tu parli solo del piu’ giovane, e sappiamo cosa ha mosso le sue azioni.. e l’altro figlio? E il padre?, il grande protagonista della storia!

    Il Padre riammette a se’ un figlio che lo avrebbe voluto uccidere anzitempo per avere la sua parte di eredita’ (non spetta forse alla morte del padre l’eredita’ ai figli?) e il padre va fuori, non aspetta chiuso, fermo in casa, ordina festa ai servitori!, si commuove, bacia, abbraccia!, e probabilmente deve accogliere (con suppliche!) anche l’altro figlio, quello che si era allontanato con la sua anima, pur non essendo mai andato via di casa... e che sperperava l’amore nel suo cuore freddo e arido e calcolatore...
    E, si spera, crescono entrambi i figli... dopo aver scoperto la loro verita’... all’ombra grande ferma e sicura di questo grande padre amorevole.
    Bisogna partire o fare in qualche modo esperienza di mancanza per apprezzare la pienezza, di peccato per scoprire il perdono...

    Insomma come spiegare altrimenti tutto questo!?
    Questa ricchezza del Padre immagine di Dio che ci ama gratuitamente sempre per primo e rende noi stessi capaci di amare noi stessi e poi gli altri per diventare tutti una cosa sola nel suo amore?

    ______________
    Su questo che dici sono d’accordo, in quanto responsabilita’ personale che ognuno di noi ha delle proprie azioni:
    “...ognuno di noi può essere artefice soltanto del proprio essere. La responsabilità è nei confronti del proprio essere. L’amore è necessario per la mia crescita, io sono responsabile per il divenire del mio essere.”

    Voglio aggiungere poi che io sono responsabile per me, certo, eppure qualche volta sono chiamata a prendermi delle responsabilita’ anche per i fratelli, quando parliamo di correzione fraterna o quando con cio’ che faccio rischio di dare scandalo o fuorviare qualcuno, quando prego per i fratelli e quando partecipo della comunione dei santi nella Chiesa.
    cari saluti!

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  2. Cara Vera,

    grazie per il tuo commento lungo ed articolato.

    Sicuramente nella parabola ci sono anche le figure importanti del padre misericordioso e del fratello maggiore. Io proverei a farle rientrare anche nel tipo di angolatura da me offerto sotto le seguenti vesti:

    il fratello maggiore può a pieno titolo rientrare in quel finale che anche tu hai apprezzato, quello dell'ama il tuo prossimo come te stesso che poi potrebbe divenire "come fossi tu". Fratello maggiore ama il tuo fratello minore come se lui fosse proprio te;

    il padre misericordioso può rivestire anche lui la figura della conferma della giustezza del percorso del figlio: malgrado la prima parte evolutiva avesse voluto portarlo lontano ed a fare esperienze anche di ostacolo ecco che il pensiero finale del figlio riesce a reintegrare tutto in un cammino evolutivo positivo.

    Tutto ciò mi ricorda da vicino la storia della pecorella smarrita (sempre al capitolo 15 di Luca): per lei il pastore gioisce e si rallegra, invitando anche tutto il cospetto degli amici ed il cielo in allegria per la strada compiuta dalla pecorella ritrovata.

    Buona fine settimana.

    Marcolino

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  3. Chissà perchè di questa parabola ho sentito parlare quasi sempre del figlio minore, pochissimo del figlio maggiore.

    Il problema di fondo di questa parabola è il perdono che spesso è associato alla paura di perdere qualcosa di sè (diritti e immagine di forza). Di più, questa parabola associata ai Vangeli di ieri ed oggi alla luce dell' 11 settembre porta a pensare che il perdono ha a che fare con la paura (certamente), ma anche con la pigrizia di continuare, di rilanciare, di sperare.
    La mancanza di perdono uccide la speranza e soprattutto blocca nella rabbia.
    A questo proposito ho trovato delle frasi di Martin Luther King che ben indicano la strada da prendere ... ed è un uomo come noi che tanto ha sofferto, ma è sempre stato fedele a ciò che pensava e diceva:

    “Dobbiamo imparare a vivere insieme come fratelli o periremo insieme come stolti.“

    “La paura bussò alla porta. La fede andò ad aprire. Non trovò nessuno.”

    “Abbiamo imparato a nuotare come pesci, a volare come uccelli; ma non abbiamo imparato a vivere come fratelli.”

    “Se non puoi essere un pino sul monte, sii una saggina nella valle, ma sii la migliore, piccola saggina sulla sponda del ruscello. Se non puoi essere un albero, sii un cespuglio. Se non puoi essere un’autostrada, sii un sentiero. Se non puoi essere il sole, sii una stella. Sii sempre il meglio di ciò che sei. Cerca di scoprire il disegno che sei chiamato ad essere; poi mettiti con passione a realizzarlo nella vita.“

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  4. "Diventare egoisti non è una colpa, è soltanto un grande debito da restituire."

    Com'è vero.

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